Bali
BALI.
B A L I….
Da dove inizio? C’è chi non è rimasto contento dopo averla visitata per il suo turismo di massa, c’è chi pur non essendoci mai stato ha la sensazione di conoscerla grazie alle miriadi di foto che circolano, e chi poi come me, ha trovato a Bali l’energia.
Non vi parlerò della Bali turistica che il 90% delle persone sceglie, né di piscine piene di fiori o cocchi freschi in riva al mare con un frangipani nei capelli. La mia Bali è lontano dal centro, si perde nel verde delle risaie che nessuno visita, è fatta di silenzi e ritmi lenti, di inquinamento, di Donne forti, di profumi indimenticabili e danze. La mia Bali è quella che continua a nutrire la mia anima e il mio corpo come nessun altro al mondo sa fare, e io continuo a godere nella sua energia ogni volta che me la concede.
Dopo 10 ore di macchina il driver ci sveglia, erano le 2 di notte. Salutiamo i nostri compagni di viaggio russi e malesi (vedi capitolo 2), paghiamo e intorpidi scendiamo dall’auto. A riceverci due ragazze giovani vestite con gli abiti tradizionali, ci scusiamo per l’orario, e dopo un veloce check in ci mostrano la nostra abitazione.
Villa Mandi è un complesso di bungalow lontano dal centro di Ubud, circondato da giardini e risaie. La nostra casa tipica balinese era completamente in legno, il letto era coperto da veli bianchi e leggeri, c’erano due sedie e un tavolo nel patio, e un bagno.
Mentre scrivo le lacrime mi annebbiano la vista, ripensare alla sensazione provata nel realizzare di essere finalmente li, tra le pagine del libro che per mesi avevo sfogliato era incontenibile. Quella gioia che non ti porta a saltare ed esultare ma a contemplare in silenzio, con il cuore gonfio di amore, orgoglio, voglia di vivere. È pur vero che il viaggio era già iniziato, ma Bali per me rappresentava qualcosa di diverso, me lo sentivo dentro.
La mattina sorridevo ancor prima di aprire gli occhi, scostavo i veli del letto e andavo ad aprire la finestrella per far passare la luce ed essere sicura di non essere in un sogno. Se mi concentro, sento lo scricchiolio del legno sotto i piedi, le venature e le imperfezioni.
Rischio di sembrare esagerata e smielata ma il rapporto che ho con quest’isola è unico.
Ricordo che il caldo spezzava il respiro, la mattina dopo aver fatto colazione nella sala comune all’aperto ( banana pancake addicted ) , andavamo a piedi verso il centro, dal quale ci separavano almeno 45 minuti di camminata. Raramente ci spostiamo con i mezzi se c’è la possibilità camminare, anche sotto il sole con 38 gradi.
Ubud è meno frequentata di altre città, nonostante il turismo ora sia in aumento, solitamente le persone ci si fermano un giorno, massimo due.
Effettivamente per visitare la città basta poco, e poi una giornata per girovagare tra templi e risaie, che per quanto frequentati vanno visti almeno una volta. Camminavo per Jalan Raya Ubud, la via principale e avevo una piacevole sensazione di familiarità. Niente riusciva a turbarmi o farmi smettere di sorridere.
Penso a quando abbiamo preso una strada secondaria e siamo finiti in mezzo a delle risaie, c’era un silenzio assordante, qualche contadino con i tradizionali cappelli a punta e nient’altro. Verde, solo verde e una strada sterrata, dopo una bella camminata ci siamo fermati in quello che sarebbe diventato uno dei nostri posti del cuore.
Una costruzione in legno, quasi senza mura: al piano terra la cucina a vista con sole donne e proseguendo su una scala di bambù si arriva a una terrazza di legno fornita di cuscini e tavoli. L’unica cosa in grado di distrarvi da una vista del genere è il loro cibo. Semplice e afrodisiaco. Gli spiedini di tempeh con salsa agli arachidi me li sogno la notte.
Il cibo balinese è molto semplice e genuino: riso e noodles, pollo, tufu tempeh e verdure. Bali è l’unico posto nel quale più mangio e più dimagrisco.
Potrei raccontarvi dei pomeriggi passati in quella terrazza a osservare in silenzio, o di quando ci siamo imbattuti in un combattimento di galli e gli uomini del posto scommetteva a più non posso. O ancora delle danze tradizionali, delle continue offerte agli dei, del bagno nelle acque sacre del tempio, della camminata sulla Campuan …. Potrei raccontarvi davvero tanto ma tutto si ridurrebbe a questo: io a Bali mi sento in perfetto equilibrio. Il che è divertente perché dicono che i balinesi siano alla ricerca costaste di equilibrio, pare sia per questo motivo che sono sempre interessati alla tua storia.
Non ricordo quanto tempo passammo a Ubud, mi pare 15 giorni. Ci spostammo poi a Canggu una cittadina sul mare molto carina, dove la spiaggia nera sembra tempestata di diamanti per quanto brillava. Proprio su quella spiaggia avevo terminato ” Un indovino mi disse” di Terzani. Fedelissimo compagno di viaggio.
Tutta la tranquillità e la pace che ci era mancata negli anni precedenti era lì. Passavamo le giornate a fare quello che ci andava, che fosse stare in piscina a leggere o scoprire nuovi sentieri. Mangiavamo quando il corpo lo chiedeva e non in base agli orari, avevamo il tempo per apprezzare, osservare, amare e conoscere.
Quando un anno fa sono tornata a Bali ne ho avuto la certezza: appena messo piede fuori dall’aereo ho come sentito uno scatto, immaginate il rumore di una chiave che apre un lucchetto ok?
Bali mi apre dentro e mi sussurra: qui sei libera, totalmente.
Avevamo ancora qualche giorno prima del prossimo volo e scegliemmo l’isola meno turistica nelle vicinanze: Lombok.
Tralasciando il fatto che scoprimmo 10 minuti prima di salire sull’aereo che la compagnia con cui saremmo volati era nella black List mondiale per i continui incidenti….. Lion Air se ve lo state chiedendo.
Insomma arriviamo in quest’isola e ci sistemiamo in hotel ( forse l’unico nel paese!), pronti a uscire. Bhe, per vedere Kuta Lombok vi bastano 5 minuti: un incrocio di quattro strade, qualche ristorantino, baracche, pescatori e bambini. E tanta, tanta povertà. Dopo qualche ora ci siamo guardati e ci siamo chiesti: ma che ci siamo venuti a fare qui?
Uomini di poca fede. Niente scuote come vedere la povertà a braccetto con un sorriso smagliante. Nei giorni seguenti quando non stavamo nel giardino della guesthouse affittavamo un motorino e andavamo alla ricerca di spiagge. In una in particolare passammo la giornata con un gruppetto di bambini – venditori ambulanti di braccialetti – . Erano affascinati da noi, se inizialmente volevano venderci la loro merce sono poi finiti seduti in cerchio a parlare con Manu. E non ci hanno lasciato per tutto il giorno.
Sono molto sensibile e per quanto dolci e teneri quei bambini non ero a scuola o a casa come sarebbe dovuto essere, ma a vendere braccialetti in spiaggia, il più piccolo aveva 3 anni e la più grande nemmeno 10. Lombok è un’isola essenziale. Se cercate divertimento e lusso cambiate meta.
Era tempo di partire, tornati nell’isola degli Dei prendemmo un aereo direzione Malesia.
Non serve dirvi, che le lacrime mi rigavano gli occhi.

Iniziano a sembrare troppo corti questi capitoli e io sempre più vogliosa di leggerli e leggerti !!
Stai diventando un appuntamento fisso 💪🏽😘