Chiang Mai è considerata la capitale del Nord: l’opposto pacifico al caos di Bangkok. Effettivamente è più piccola, a misura d’uomo ed estremamente più calma. Mi rilasso solo a pensarci.
Avevamo già vistato la città sei mesi prima, e l’aria speciale che avevamo lasciato è stata subito ritrovata. Arrivati dopo un luuuungo viaggio notturno in bus ricordo che le mie caviglie erano talmente gonfie da formare un tutt’uno con i polpacci. Avevamo prenotato una stanza in un piccolo hotel davvero carino dove saremmo rimasti almeno una decina di giorni.
Ricordo che ogni mattina mi alzavo prestissimo e correvo nel giardino a fare colazione: uova, fagioli, pane e marmellata. Se vedeste quanto mangio appena sveglia potreste spaventarvi. Stavo li a contemplare il silenzio, ero estremamente rilassata, solitamente quando bevevo la seconda tazza di caffè arrivava anche Manu.
Quelle settimane a Chiang Mai trovammo una routine placida e piacevole: andavamo a correre al parco vicino, mangiavamo il pad thai dalle stesse signore lungo la strada, passavamo pomeriggi interi a guardare Netflix con birra e patatine nella nostra stanza. Non è per niente scontato sentirsi a casa e a proprio agio in una città che non è la nostra, ma quando succede è davvero fantastico. Ne avevamo bisogno, per quanto il viaggio sia un’esperienza magica la stanchezza fisica e mentale è inevitabile. La perla del nord ci ricaricò perfettamente.
La città è composta da due parti: Old Town e City. La old Town non è altro che la parte centrale e più autentica, delineata dalle vecchie mura che la proteggevano, nonostante le dimissioni ristrette al suo interno si trovano oltre 300 templi sapete? Potete girarla a piedi in mezza giornata, scoprendo negozietti e piccoli ristoranti locali a gestione familiare. Tutto sembra essere sospeso in un tempo senza età. Al di fuori delle mura si estende la città vera e propria.
Quei giorni passavano all’insegna del relax e delle gite immersi nella natura. Dedicammo una giornata a fare trekking nella cima più alta della Thailandia: una volta sulla vetta la guida ci spiegò che eravamo sull’Himalaya e ci indicò il confine con il Myanmar. Era una tale bellezza che toglieva il fiato.
La giornata più bella è stata quella passata all’Elephant Jungle Sanctuary. Erano anni che sognavo di visitarlo: l’unico santuario autentico e no profit della Thailandia.
Una jeep ci venne a prendere all’alba per portarci dentro la giungla fino a raggiungere un’enorme spazio dedicato agli elefanti. Non so davvero descrivervi l’emozione dei quelle ore passate a trascinare piante di banani, a farsi rubare canna da zucchero dalle tasche da simpaticissime proboscidi, a giocare con i cuccioli che dopo aver bevuto dalla nostra bottiglia ci spruzzavano addosso l’acqua divertiti. Ci era stata spiegata la loro storia, le loro necessita e i costi per mantenerli, avevamo poi fatto un bagno immersi nei fanghi e mai dimenticherò quanto gli elefanti erano felici di farsi massaggiare li in mezzo, o il modo in cui si avvicinano per farsi coccolare, la loro empatia. Per concludere tutti sotto una cascata, animali compresi, per giocare a chi si schizzava di più ( spoiler: una proboscide lancia un getto d’acqua maggiore rispetto alla vostra misera bacinella! ).
Oltre alle gite fuori porta passeggiavamo per i mercati, camminavamo per ore fino a conoscere le strade a memoria. Il mercato della Domenica è davvero stupendo: tutta la old city viene chiusa al traffico e centinaia di bancarelle chiassose colorano il quartiere.
Mangiavamo quando avevamo fame, gustavamo dolcissimi mango e mini ananas. Avevamo perfino trovato una pizzeria dove la pizza era buonina: Pulcinella! Ah non ve l’ho detto? Tra i miei talenti c’è quello di scovare pizzerie ovunque nel mondo, toglietemi tutto ma non la mia pizza settimanale.
Era tutto perfetto. Anche troppo.
Qualche giorno prima di partire controllammo tutte le informazioni per vistare il prossimo paese.
Merda.
I biglietti già prenotati comprendevano un soggiorno di 17 giorni, e il nostro visto era solo per 15. Passammo due giorni al telefono con ambasciate e Air Asia, la ragazza che lavorava nel nostro hotel ci dette una grossa mano. Insomma nessun rimborso e un altro volo da pagare, più ovviamente altre due notti a Chiang Mai.
Quando viaggi low cost, ma penso in ogni caso, fare errori del genere che ti costano centinaia di euro sono davvero un colpo basso. La colpa era nostra ovviamente, della disattenzione. Ma succede, succede sempre che un errore scappi quando viaggi per mesi e ogni giorno sei preso da prenotazioni, calcoli e pensieri. Sbaglierai il tasso di cambio, la data di un volo, l’orario di un check in. È NORMALE.
Lasciammo Chiang Mai con un magone in gola, a bordo di un tuk tuk rosso. Amiamo la Thailandia e lasciarla è sempre dura. Questo capitolo è trascorso all’insegna del tempo lento, quando corri come una trottola c’è bisogno anche di fermarsi e rallentare per assemblare e mettere in ordine pensieri e idee.
La curiosità di una nuova scoperta ci solleticava quindi zaini in spalla e si vola in Vietnam!
Dal mio diario di viaggio:
La parola “Thai” rimanda al significato di “libero” “indipendente”, il popolo Thailandese ha lottato duramente per la sua indipendenza nel corso della storia. Sarà per questo che mi e’ subito entrato nel cuore, per i sorrisi della sua gente, o forse ancora per i suoi colori vivaci, e i suoi templi che si mescolano così bene al traffico e ai grattaceli. La Thailandia e’ stata fin ora l’unico posto in cui mi sono sentita come a casa mia. La tappa qui doveva essere breve e si e’ prolungata fino a essere la più lunga. La partenza di oggi verso un nuovo stato è stata rimandata in continuazione perché abbiamo messo radici a Chiang Mai. Ho assaporato la routine, il bere il caffè nello stesso tavolo, dormire nello stesso letto, andare al parco sotto casa a correre… mangiare negli stessi posti affezionandomi alle signore contente di rivederci, ho passato giornate a scrivere, a guardare serie tv, fare la spesa, andare al mercato. Sono cose scontate delle quali ti rendi conto solo quando ti muovi come una trottola e ne senti quasi la mancanza. Costruirsi una routine in una città dall’altra parte del mondo e stare così bene da non contare i giorni che passano è stato rigenerante. Solo questo paese poteva regalarmi queste sensazioni. Ci siamo promessi che un giorno vivremo anche qui per qualche tempo. Il mondo sta diventando la nostra casa,ogni giorno di più. E dal profondo dell’anima e con un malessere che mi fa avere gli occhi lucidi che ti dico Grazie mia dolce Thailandia. Resta come sei.

Se le parole non bastano potete rivedere le vecchie storie in evidenza sul mio profilo Instagram qui.
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