Delle volte pensiamo che ci voglia tanto tempo per ritrovare qualcosa che pensavamo fosse andato perso, a me è bastata un’alba di fronte a el Calderón Hondo.

Qualche giorno fa ho fatto un trekking per raggiungere un arco di roccia modellato dal vento, una finestra naturale sull’orizzonte di Fuerteventura. Qualcuno si chiedeva come fosse possibile rende la roccia cosi sinuosa, ho subito pensato a quanto tempo ci fosse voluto per attivare quel processo di trasformazione, probabilmente migliaia di anni. La roccia è ruvida, irregolare, tagliente, selvaggia. Può una roccia del genere diventare bellissima e liscia al tatto? Con dei tratti cosi fragili che potrebbero cedere sotto il peso della montagna da un momento all’altro?
Capita che le intemperie, le circostanze, le persone e la vita stessa inizino a modellarti, esattamente come il vento ha fatto con quella roccia. Non ti accorgi subito che i tuoi tratti unici si stanno pian piano smussando, tutto agisce in silenzio finché un giorno ti guardi allo specchio e non vedi alcun riflesso, o peggio: non capisci chi sia la sconosciuta che imita i tuoi movimenti.
Se penso all’ultima volta in cui mi sono sentita viva per davvero, ruvida e tagliente non riesco a ricordare.
Ieri ho fatto la mia prima lezione di surf, avevo voglia di andare incontro all’oceano e lottarci fino allo sfinimento. Ho guardato la prima onda, ho lasciato che mi travolgesse, ho imparato che fare resistenza non sempre è importante. Ci sono volte in cui l’unica cosa che conta è accettare che quell’onda è più forte di te e devi lasciarti travolgere per tornare a respirare.
Surfare, se cosi si possono chiamare quattro ore passate a tentare di sollevarsi su una tavola, ti fa sentire vivo, dopo non so più quanto tempo ho sentito tutta quella vita esplodermi dentro, come un vulcano in eruzione dentro lo stomaco. Senza limiti. Parlo di quella forza incredibile che ti permette di sentirti libero senza compromessi, nemmeno uno. Come quando cammini sull’erba umida, o rotoli da una Duna nel deserto. Almeno per me è cosi. Per te?
Qualche settimana fa mi sono guardata dentro, ho visto un terreno bruciato e arido, mi sono chiesta dove fosse finito tutto quello che avevo costruito, dove fossi finita io. Sepolta da due anni di sedentarietà, regole e costrizioni. Mi sono chiesta per quanto tempo ho trattenuto il fiato sotto l’onda facendo resistenza alla corrente. Oggi posso rispondere: troppo. Mi sono appena accorta che Fuerteventura assomiglia a quel terreno, è nera, vulcanica, lei è incredibilmente bella.
La vita gioca brutti scherzi quando sopprimi la tua vera natura. Quando smetti di esserti fedele. Le cose succedono, le circostanze mutano, trovare le colpe non servirà a rimettere insieme i pezzi.
In questo ultimo anno sono successe tante cose che mi hanno fatto mettere in discussione la mia gabbia, facendo crollare pian piano quelle piante finte di Ikea che mi ero convinta fossero una foresta. I muri azzurri si sono scrostati, perché lì della libertà che provo quando sono tra le nuvole non c’era traccia. Le scarpe mi vanno strette, preferisco i sassi duri dell’asfalto alla gomma asettica delle suole.
Per rimettere insieme i pezzi ci vuole coraggio, ricordarsi che quell’incredibile forza che abbiamo dentro non uscirà fuori finche non la metteremo alla prova. Fuori dalla gabbia, ovviamente.
Non voglio più scendere a compromessi, voglio camminare scalza e ascoltare il mare, voglio condividere un piatto di spaghetti con degli sconosciuti perché il mondo è pieno di persone meravigliose, voglio guardare le onde e lasciare che mi travolgano senza paura, perché se smetto di fare resistenza, l’onda passa e io torno a respirare.
…insomma l’alba di fronte a el Calderón Hondo mi ha fatto trovare quello che avevo perso da tempo: me stessa.
[diario di fine Maggio, 2022]
Bellissimo racconto,ho letto tutto d’un fiato mi sono immersa nelle tue parole,veramente travolgenti.❣